FRAMMENTI D'AFRICA

Utilizza questa mappa per muoverti a traverso i vari paesi di origine delle opere che trovi nella mostra.


A“I miei ricordi 1936-1946” sono le memorie di Franco Ambrosanio scritte negli ultimi anni della sua vita, aiutato dai parenti, perché arrivato alla vecchiaia si è reso conto che quelli in Africa “sono stati gli anni più belli”. Questo racconto è la ricostruzione degli anni dell’infanzia di Franco, ma è anche una finestra sulla storia del colonialismo italiano. La sua Africa è quella dei colonizzatori, fatta di party in villa, cavalcate in fiume e guerra . Gli africani che ha incontrato tra Etiopia, Somalia ed Eritrea sono gli ascari e gli odori che ricorda sono quelli della pasta e fagioli.

E’ il 9 maggio del 1936 e il Duce proclama la costruzione di un Impero. Nella nuova via dei Fori Imperiali compaiono le lastre in marmo che provano la discendenza del fascismo dall’impero romano: sono i mappamondi dell’Impero fascista che si espande in Africa.
Il colonialismo italiano, iniziato in epoca liberale (1885) e proseguito dal regime fascista (1935), è l’esperienza coloniale più breve della storia delle nazioni europee, tolta quella della Germania.
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Per il suo impianto organizzativo e i suoi risultati si considera un colonialismo demografico. La costruzione dell’AOI Africa Orientale Italiana ha comportato la migrazione di intere famiglie di italiani in Eritrea (1885), in Somalia (1889), in Libia (1911) e per ultimo in Etiopia (1935).
La dotazione di infrastrutture per le nuove comunità coloniali ha modificato l’aspetto di questi paesi: strade, ferrovie, obelischi e villette sono comparsi sulla terra rossa. La breve esperienza coloniale non è permeata invece nella cultura di questi paesi.
L’immagine dei colonizzatori italiani ricostruita dalla memoria collettiva è quella degli “italiani bravagente”. La colonizzazione è una guerra di imposizione di un gruppo sociale su un altro, di un’economia su un’altra, di una cultura su un’altra. Che la violenza sia stata nelle mani degli italiani non stupisce e va invece ricordato. L’uso dei gas da parte italiana nel corso della guerra d'Etiopia via ricordato. La brutalità della repressione della resistenza patriottica etiopica tra 1936 e 1941, praticate come 'operazioni di grande polizia coloniale' in nome della legge razziale del 1937, vanno ricordate.

I gruppi colonizzatori hanno sviluppato delle attività economiche, soprattutto in ambito edilizio, troncate sul nascere dalla seconda guerra mondiale, di cui il fronte nel corno d’Africa tra italiani fascisti e inglesi alleati è spesso dimenticato.
L’arrivo degli inglesi, la resa (17 maggio 1941) e la definitiva sconfitta nel 1943 segnano la fine dell’Africa Orientale Italiana e dell’intera esperienza coloniale italiana. La gran parte degli uomini sono prigionieri inglesi, le donne con rispettivi figli e orfani partono per il lungo viaggio di rientro passando da un centro di concentrazione all’altro fino a salire sulle navi che si avvicendano verso i porti di Napoli e Genova.
Attualmente gli Italo-etiopici sono organizzati nell'Associazione Italiana Profughi dall'Etiopia ed Eritrea (A.I.P.E.E.)


  • Nicola Labanca, Una guerra per l’impero. Memorie della campagna d’Etiopia 1935-36, Bologna, Il Mulino, 2005.
  • Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?, Vicenza, Neri Pozza, 2005.
  • Antonella Randazzo, In Africa andammo. Gli orrori negati dell’Africa italiana, Roma-Catania, Bonanno, 2005.
  • Eric Salerno, Genocidio in Libia. Le atrocità nascoste dell’avventura coloniale italiana (1911-1931), Roma, Manifestolibri, 2005.
  • Marco Lenci, All’inferno e ritorno. Storie di deportati tra Italia ed Eritrea in epoca coloniale, Pisa, BFS, pp. 144.
  • Nicola Labanca, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Bologna, Il Mulino, 2002.
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